Greenwashing e sostenibilità – ovvero: andiamo a piantare un albero
Se in questo articolo stai cercando delle istruzioni fai-da-te per un sistema di pulizia sostenibile o per tingere di verde la fodera del tuo materasso, purtroppo dobbiamo deluderti. Perché il greenwashing (così si chiama l’ecologismo di facciata in italiano) non c’entra nulla. I paragrafi seguenti si concentrano invece sul tema della sostenibilità... o della sua mancanza. Sebbene oggi numerose aziende vorrebbero essere associate a un’immagine verde, le apparenze possono ingannare e il retro della facciata può essere ben diverso. Solo polvere negli occhi, vero? La pensiamo anche noi come te. Ecco perché in questo articolo ti spieghiamo la definizione di greenwashing e rispondiamo alle seguenti domande:
1. Cos’è il greenwashing?
Esistono sempre più misure volte a far percepire i prodotti, e persino l’intera azienda, verdi ed ecologici agli occhi delle consumatrici e dei consumatori. In fin dei conti, la sostenibilità è attualmente IL tema in voga nel mondo degli affari. Le aziende hanno capito che, oggi come oggi, la consapevolezza ambientale non è più solo uno stile di vita personale. La sostenibilità, la tutela dell’ambiente e il cambiamento climatico sono sfide per tutta la società. E c’è da guadagnarci, perché le consumatrici e i consumatori sono disposti a pagare di più per un prodotto o un servizio purché appaia il più “verde” possibile, in modo da avere la coscienza tranquilla. Se le promesse fatte e pubblicizzate non corrispondono alla realtà, si parla di greenwashing. Si approfitta della fiducia del pubblico e si tradiscono i principi della responsabilità sociale d’impresa (“Fai del bene e fallo sapere”). In sintesi, il greewashing può essere definito così:
2. Perché le aziende fanno greenwashing?
Perché? Perché migliorando l’immagine del loro marchio possono raggiungere un maggior numero di persone e imporre prezzi più alti, mantenendo ovviamente i costi più bassi possibili. Creando l’illusione, ottengono maggiori profitti poiché evitano le azioni sostenibili, generalmente costose, ma vendono comunque i loro prodotti a un prezzo più alto. E sono proprio le aziende di settori non particolarmente noti per le loro credenziali verdi che tendono a utilizzare questi mezzi. Cercano così di distogliere l’attenzione dai problemi reali. Tuttavia, non vi è alcun miglioramento effettivo nella catena del valore, dallo sviluppo alla produzione, fino alla vendita e alla spedizione. Di solito, non considerano nemmeno cosa accadrà al prodotto alla fine del suo ciclo di vita.
3. Come riconoscere il greenwashing? Quali sono gli esempi?
Per poter identificare il greenwashing, dovresti conoscerne le sette forme più comuni. Perché la maggior parte delle aziende non si accontentano di un logo verde, ma adottano altre misure per apparire più sostenibili di quanto siano. Ecco le forme che dovresti conoscere:
- Il male minore: rispetto ad altri dello stesso genere, il prodotto o il servizio è relativamente rispettoso dell’ambiente. Tuttavia, il problema è che nessuno di essi è di per sé opportuno sotto il profilo ecologico. In alcuni casi, come termine di paragone, spesso si utilizzano altre aziende che propongono prodotti particolarmente nocivi per l’ambiente.
Esempio: un’azienda pubblicizza il risparmio di carburante di un’auto con particolare riferimento agli standard abituali. Passa in secondo piano il fatto che le auto a benzina, in genere, non sono realmente ecocompatibili.
- Compromessi nascosti: vengono messi in evidenza gli aspetti sostenibili di un servizio per distogliere l’attenzione dai fattori dannosi per l’ambiente. In casi estremi, si utilizza un prodotto più sostenibile per dare l’impressione che l’intero assortimento o l’azienda sia verde. È un approccio particolarmente diffuso nel settore della moda.
Esempio: alcuni capi di abbigliamento nell’assortimento vengono etichettati come sostenibili, sebbene ben oltre la metà dei prodotti non sia realizzata secondo questi principi e si continui a operare in base ai criteri della fast fashion (collezioni di tendenza a prezzi molto bassi, con durata di vita molto breve).
- Argomentazioni non pertinenti: le caratteristiche insignificanti del prodotto vengono enfatizzate anche se sono ovvie o irrilevanti. Sono sì indicate correttamente, ma non hanno alcuna importanza e, in certi casi, rappresentano addirittura lo standard minimo di legge.
Esempio: alcune lacche per capelli sfoggiano la dicitura “senza CFC”, sebbene questo componente sia vietato da decenni.
- Vaghezza: i termini utilizzati non sono definiti chiaramente e possono essere facilmente fraintesi. Si utilizzano spesso anche dati tecnici o un gergo pseudoscientifico per suscitare una fiducia che non ha motivo di esistere.
Esempio: hai mai visto gli elenchi di norme ISO? Se sì, quanto ti sono stati utili? Questo genere di riferimenti tecnici viene spesso stampato per dare l’impressione di una maggiore professionalità. L’obiettivo non è permetterti di capire realmente il loro significato, ma è quello di ispirarti fiducia.
- Falsi sigilli di qualità: vengono inventati e utilizzati label all’apparenza ufficiali e protetti, ma non lo sono.
Esempio: il prodotto presenta un sigillo di colore verde e la dicitura “Certificato biologico”, ma non si tratta di un label ufficiale, né protetto, perché è stato creato dall’azienda stessa.
- Mancanza di prove: indicazioni vaghe e non direttamente verificabili mirano a creare un’immagine verde nella mente delle consumatrici e dei consumatori. Sono difficili da verificare e valutare.
Esempio: le campagne come “Piantare un albero per ogni prodotto venduto” sono spesso utilizzate dalle aziende per apparire più sostenibili. Tuttavia, il più delle volte non esistono prove a sostegno di tale affermazione e non è chiaro dove, quando, come e se il progetto sarà realizzato. Mostrate sempre uno spirito critico particolare nei confronti di tali dichiarazioni e cercate di scoprire se e come la promessa viene mantenuta.
- Bugie: in questo caso, le affermazioni sono semplicemente false. Vengono spesso utilizzati anche sigilli, label o certificati che non si è autorizzati a impiegare.
Esempio: un’azienda continua a fare pubblicità sfoggiando un sigillo ecologico che le è stato ritirato a causa di violazioni.
Se hai a cuore l’ambiente, vale la pena guardare dietro alla facciata di aziende e prodotti apparentemente sostenibili.
4. Cosa significa allora sostenibilità?
L’attuale definizione di sostenibilità è stata coniata dalla Commissione mondiale dell’ambiente e dello sviluppo (Commissione Brundtland) e può essere riassunta come segue:
Questo significa che l’azione economica è sostenibile solo se può perdurare a lungo termine. A livello ecologico, anche la capacità di rigenerarsi delle risorse naturali indispensabili alla vita gioca un ruolo decisivo: non devono essere sfruttate oltre la soglia da cui possono riprendersi. Nel contesto della sostenibilità sociale, la salvaguardia dei mezzi di sussistenza di tutti è essenziale.
Ecco perché, nel contesto della sostenibilità, si parla spesso anche di “economia circolare”, il cui principio è di sviluppare prodotti adatti a un secondo ciclo di vita. Tutti i componenti usati vengono riciclati e riutilizzati per nuovi prodotti. Idealmente, questo permette di rinunciare all’impiego di ulteriori materie prime e di raggiungere così l’obiettivo di un’economia sostenibile.
5. Che ne è della sostenibilità nel mercato dei materassi?
Siamo onesti: il mercato dei materassi non è un gioiello di sostenibilità. Soprattutto nel segmento online, i materassi restituiti causano un enorme spreco di risorse perché, in genere, vengono smaltiti direttamente. Anche i materiali impiegati possono essere riciclati o riutilizzati di rado. L’impronta ecologica è significativa e dannosa per l’ambiente già al momento dello sviluppo. A questo punto della catena di creazione del valore, una delle domande più cruciali rimane spesso senza risposta: come realizzare il prodotto preservando le risorse, ma anche nell’ottica di un’economia circolare, in modo che possa essere riciclato alla fine della sua vita?
Se vuoi saperne di più sui materassi sostenibili e sulle loro caratteristiche, ti consigliamo l’articolo del nostro blog Esistono materassi sostenibili?
6. Cosa fa happy per l’ambiente?
A questo punto, dobbiamo ammettere che non piantiamo alberi per i materassi che vendiamo e che non abbiamo nemmeno intenzione di farlo in futuro. Per quanto amiamo le foreste, ci sta a cuore concentrare i nostri sforzi su ciò che conta davvero: l’approccio globale. Come forse avrai già intuito, inizia con lo sviluppo del materasso e, per quanto ci riguarda, non finisce una volta che te lo abbiamo spedito. La nostra responsabilità va oltre la vendita. Puoi infatti rispedirci i prodotti entro le 100 notti di prova senza sentirti in colpa, perché né i nostri materassi né i nostri cuscini finiscono nella discarica. Le loro fodere vengono igienizzate presso la lavanderia ARGO, per poi essere rivendute come prodotti di seconda mano o donate a enti benefici. Le persone a caccia di buoni affari e quelle particolarmente attente alla sostenibilità possono quindi portarsi a casa i nostri materassi e i nostri cuscini a un prezzo ridotto.
Se vuoi saperne di più sul nostro impegno per la sostenibilità, leggi l’articolo La produzione di happy è sostenibile.